LA PESCARIA DE RIALTO: "Commedia" Lirica in Tre Atti
CARATTERISTICHE DEL LAVORO
Le caratteristiche che fanno di questo lavoro una novità assoluta riguardano sia la parte musicale che quella librettistica. Gli autori, infatti hanno collaborato nella stesura del lavoro con il fine di amalgamare al massimo il binomio Musica/Racconto, non avendo timore di riprendere impostazioni stilistiche, apparentemente datate, ma che invece celano una prospettiva ultra-moderna, che tenta, mediante una accorta, ma non invadente "contaminatio", di trasportare in avanti ciò che di buono è stato prodotto e, forse a torto, trascurato, facendolo, invece, fruttificare in un'amalgama atemporale.
Le sovrapposizioni artistiche sono proprie della tradizione di Venezia, ove il bello non è prerogativa di un'epoca ben definita. I merletti di marmo gotici possono convivere e proteggere i modernissimi lavori della Biennale. Nella Regata Storica che si svolge da secoli nel Canal Grande, un figurante in costume barocco può benissimo parlare al telefonino satellitare: nessuno si meraviglia, perché egli veste una divisa priva di tempo. Egli è vero, è sempre lo stesso: è il resto del mondo che ha ruotato attorno a lui, modernizzandosi.
I costumi e l’ambientazione settecentesca, pertanto, adottati in questo lavoro aiutano solo la fantasia, come fosse un moderno racconto, a ripercorrere più facilmente la storia umana, più che ad identificare un determinato periodo col suo costume mentale, stante il fatto che gli argomenti trattati sono, in effetti, gli stessi riscontrabili al mondo d'oggi: Il lavoro, la natura, l'ambiente, i soprusi dei potenti ed ovviamente l'amore sia per le persone amate che per la propria terra intesa come comunità. Proprio a Venezia, dove la popolazione non ha mai combattuto in nome di una famiglia regnante, ma si è immolata al grido di “San Marco”, sacra icona della laica Repubblica Serenissima.
(Nota: La loggia della pescheria a cui si fa riferimento è stata costruita solo nel 1902, ma, per quanto anzidetto, circa la sovrapposizione delle epoche a Venezia, questo manufatto si inserisce comunque bene nel contesto trattato a prescindere dalla datazione, avendo acquisito ormai un valore simbolico, altamente popolare)
(Nota: La loggia della pescheria a cui si fa riferimento è stata costruita solo nel 1902, ma, per quanto anzidetto, circa la sovrapposizione delle epoche a Venezia, questo manufatto si inserisce comunque bene nel contesto trattato a prescindere dalla datazione, avendo acquisito ormai un valore simbolico, altamente popolare)
COMPOSIZIONE MUSICALE
L'Opera, è stata definita "Commedia lirica", in quanto, la costruzione del dialogo risulta essere la più vicina allo svolgimento semplificato del repertorio prosaico, che a quello elaborato e molte volte ripetitivo delle rappresentazioni liriche. Il dialogo del popolo è naturale e spontaneo con accenti in vernacolo veneziano.
La musica si snoda liberamente senza schemi stilistici temporali: si passa dall'utilizzo classico del clavicembalo per accompagnare i recitativi, agli accordi espressionisti, alternati ad andamenti barocchi, passando per i fraseggi mozartiani con crescendo rossiniani e sonorità verdiane... Questi autori, ovviamente, vengono citati solo per dare in sintesi un'idea della costruzione musicale, che, comunque è, nel corso di tutto lo svolgimento, assolutamente originale e priva di agganci tematici altrui. L'unico brano non-originale, rielaborato è l' "Inno a Venezia" nel finale dell'Opera, che è da considerarsi un atto di devozione alla Città, come fosse un Inno popolare da cantare tutti assieme.
Detti richiami stilistici, invece, sono stati effettuati, poiché gli autori hanno voluto sperimentare la formula dell'adattamento musicale alla situazione del racconto, non solo nell' armonia, nella dinamica o negli abbellimenti, ma anche utilizzando stili diversi senza soluzione di continuità. Possiamo trovare, infatti dissonanze alla Stravinsky che concludono un'evoluzione sentimentale pucciniana.
La musica si snoda liberamente senza schemi stilistici temporali: si passa dall'utilizzo classico del clavicembalo per accompagnare i recitativi, agli accordi espressionisti, alternati ad andamenti barocchi, passando per i fraseggi mozartiani con crescendo rossiniani e sonorità verdiane... Questi autori, ovviamente, vengono citati solo per dare in sintesi un'idea della costruzione musicale, che, comunque è, nel corso di tutto lo svolgimento, assolutamente originale e priva di agganci tematici altrui. L'unico brano non-originale, rielaborato è l' "Inno a Venezia" nel finale dell'Opera, che è da considerarsi un atto di devozione alla Città, come fosse un Inno popolare da cantare tutti assieme.
Detti richiami stilistici, invece, sono stati effettuati, poiché gli autori hanno voluto sperimentare la formula dell'adattamento musicale alla situazione del racconto, non solo nell' armonia, nella dinamica o negli abbellimenti, ma anche utilizzando stili diversi senza soluzione di continuità. Possiamo trovare, infatti dissonanze alla Stravinsky che concludono un'evoluzione sentimentale pucciniana.
Il lavoro, pur essendo "Allegro" perché le ombre e gli stati malinconici sono sempre superati da non prevedibili soluzioni, ora smaccatamente comiche, ora sarcasticamente ironiche, non può essere inquadrato in uno schema definito, ad esempio: buffo, in quanto assomiglia, appunto, più ad una "commedia di costume", nell'ambito della quale gli stati d'animo fluttuano alternandosi nelle diverse situazioni vitali.
IL LIBRETTO NEL CONTESTO STORICO
Nel corso del racconto vi sono chiari riferimenti alla vita poco conosciuta di una popolazione italiana che ebbe il privilegio di non essere mai stata dominata per un millennio. Forse la storia risorgimentale, a partire dal passato "ventennio", è stata enfatizzata in maniera da adombrare, quasi fosse in antitesi, quella dei popoli italici. In particolare i veneziani pre-unificazione, essendo stati, appunto, privi di coercizioni ed influenze straniere dal tempo della caduta dell'Impero romano, possono essere considerati il primo nucleo di Indipendenza italica, di cultura italiana.
Le leggi di salvaguardia dell'ambiente, di controllo dello stato marino e della navigazione, di salvaguardia del prodotto ittico erano incredibilmente attuali e certe volte più restrittive, specialmente nelle pene commisurate. Le leggi varate nel '400 a salvaguardia del lavoro minorile ed a tutela delle ragazze madri erano più avanzate di quelle inglesi dell'800.
La vita sociale, i divertimenti, le osterie, i luoghi d'incontro, le case da gioco e la malavita erano più o meno identici a quelli d'oggi.
Le leggi di salvaguardia dell'ambiente, di controllo dello stato marino e della navigazione, di salvaguardia del prodotto ittico erano incredibilmente attuali e certe volte più restrittive, specialmente nelle pene commisurate. Le leggi varate nel '400 a salvaguardia del lavoro minorile ed a tutela delle ragazze madri erano più avanzate di quelle inglesi dell'800.
La vita sociale, i divertimenti, le osterie, i luoghi d'incontro, le case da gioco e la malavita erano più o meno identici a quelli d'oggi.
Questi sono, esemplificativamente, alcuni argomenti che fanno parte del racconto che si snoda in un tempo lontano, in costume d'epoca, ma tendente ad evidenziare che i sentimenti, le gioie, le cattiverie, i sogni quotidiani e le furberie sono sempre le stesse, perpetuandosi identiche. Un occhio nel passato dove si sperava esattamente quello che si brama ardentemente oggi: affannarsi a vivere sempre meglio!
Siamo a Venezia, a pochi anni prima dalla caduta della Serenissima Repubblica per opera delle truppe napoleoniche. La potenza economica e militare della “Dominante” (altra definizione di allora per indicare Venezia), fin dalla scoperta dell’America, si stava dissolvendo sempre più, in quanto i governanti non seppero prontamente orientarsi nei nuovi più ampi orizzonti. Venezia restò, così, vieppiù chiusa in se’ stessa: l'isolazionismo culturale, quell’arma efficace e semplice che la salvò per tanti secoli, che la spingeva, però, a perpetrare le stesse rotte e gli stessi commerci non più remunerativi, fu la stessa arma che la uccise lentamente come le gocce di un micidiale veleno.
Siamo a Venezia, a pochi anni prima dalla caduta della Serenissima Repubblica per opera delle truppe napoleoniche. La potenza economica e militare della “Dominante” (altra definizione di allora per indicare Venezia), fin dalla scoperta dell’America, si stava dissolvendo sempre più, in quanto i governanti non seppero prontamente orientarsi nei nuovi più ampi orizzonti. Venezia restò, così, vieppiù chiusa in se’ stessa: l'isolazionismo culturale, quell’arma efficace e semplice che la salvò per tanti secoli, che la spingeva, però, a perpetrare le stesse rotte e gli stessi commerci non più remunerativi, fu la stessa arma che la uccise lentamente come le gocce di un micidiale veleno.
Quando i tanto ricercati Zecchini (per la loro purezza) e non le armi, non riuscirono a contrastare più l'oro spagnolo e portoghese che fluiva generosamente dall’Eldorado americano, Venezia divenne un corpo privo di difese, divenne un bluff geo-politico. Napoleone, se ne accorse, bastò una piccola pressione psicologica per far sparire per sempre dalle carte geografiche la Serenissima Repubblica di Venezia, Signora delle acque, Regina del mare! Nella successiva pace di Campoformio e nel Congresso di Vienna, l’Europa si dimenticò volutamente di Venezia, facendola fagocitare dall’impero austriaco mirante ad avere uno sbocco sul mare. L’Europa intera si liberava definitivamente di una indipendente millenaria concorrente.
Durante quella lunga agonia pre-disfatta, quasi per esorcizzare una qualsiasi imminente catastrofe e contrastare le frequenti pesti bubboniche, il popolo canta, balla, festeggia in Città e si diverte nelle ricche ville dell'entroterra, bruciando capitali al gioco, tra la lussuria sfrenata. L'apice della "frenesia godereccia" purtroppo coincide con il costante decadimento morale, politico ed economico, tanto da non poter più individuare quale sia la causa o l’effetto. La consapevolezza dell’ incapacità di poter contrastare le nuove tendenze dei mercati nascenti fa dimenticare alla classe aristocratica, che a Venezia coincide per lo più con quella imprenditrice, il fatto di aver retto uno stato per un millennio nella totale indipendenza e liberi da dominazioni straniere e papaline.
Pertanto il vecchio nobile è stanco di porre dei freni morali, si abbandona allo scetticismo cinico, mentre il ricco commerciante, approfittando del momento, vuole maritare la figlia ad un nobile squattrinato dai dubbi comportamenti, mentre il popolino si arrangia e fatica a guadagnarsi il pane erestare onesto.
In questo contesto, comunque, le antiche leggi e tradizioni che hanno salvaguardato il benessere comune, vengono ancora fatte rispettare con la giusta severità, ma nell’incertezza generale, il Destino, il Fato, la Fortuna e la Sfortuna diventano l’ago della bilancia della vita di ognuno, sia esso nobile o pescatore della Pescaria de Rialto!
LA COMMEDIA LIRICA
ATTO PRIMO
SCENA: Mercato del pesce a Rialto. Sotto la loggia si stanno allestendo alcuni banchi per la vendita. Sul fondo si intravede il Canal Grande dove si svolge un movimento frenetico di persone con ceste e reti. Qualche lume ad olio rischiara tenuemente l'ambiente, inizialmente molto buio. La penombra si rischiara lentamente alle prime luci dell'alba. Qualche persona si aggira tra i banchi portando delle ceste o pulendo il banco. Attesa di alcune donne sulla riva in fondo per l’arrivo imminente delle barche dei primi pescatori, i più bravi, forti e veloci!
EVENTO: Un uomo, chiamato “Lumier” (basso) spegne i lumi ad olio con una lunga asta; si aggira con fare stanco e misterioso, avvolto da un lungo mantello nero. Si odono cinque rintocchi di campana. La vita nella Pescheria si anima: I primi pescatori, con la barca di “Toni” (tenore) approdano sul fondo, portando sui banchi le ceste ricolme di pesce che la fidanzata “Ninetta” (soprano) esporrà al pubblico. Arriva una seconda barca di “Bepi” (baritono) il cui pescato è venduto dalla consorte “Rosetta” (contralto). Questa pur essendo amica dei primi è invidiosa della sveltezza e gioventù di Ninetta a tal punto da predisporre uno scherzo apparentemente innocuo, ma dalle conseguenze imprevedibili. Pone, infatti, di nascosto, in una cesta vuota sotto il banco della rivale, qualche pescetto sotto misura, non vendibile, secondo la legge .
Quando il “Capitano Frittolon" (basso) dell' annona arriva per controllare le ceste e trova il piccolo pescetto non pescabile, cerca di arrestare immediatamente Toni incolpandolo di essere un attentatore e ladro del patrimonio ittico della Serenissima.
Quando il “Capitano Frittolon" (basso) dell' annona arriva per controllare le ceste e trova il piccolo pescetto non pescabile, cerca di arrestare immediatamente Toni incolpandolo di essere un attentatore e ladro del patrimonio ittico della Serenissima.
Toni fugge aiutato nel parapiglia dall'amico Bepi, il quale, ormai compromesso, scappa anche lui.
ATTO SECONDO
SCENA: La scena si svolge in una tipica piazzetta veneziana della Giudecca, dove una iscrizione indica: “Parochia de S.Eufemia de la Giudecca” e sotto:“Campo Grande”, allora zona malfamata e di divertimenti sfrenati.
Sulla sinistra un palazzotto nobiliare in stile gotico. Tutte le finestre sono illuminate e all’ interno lussuoso, ombre e luci fanno intendere che vi sia in corso una festa. Affacciate a due finestre al primo piano vi sono due donnine discinte e col seno assai procace appoggiato su cuscinetti di velluto, che ammiccano ai giovani passanti. Al centro dell’edificio il grosso portone è aperto ed illuminato con fanali. Via vai di uomini accompagnati da fanciulle.
Frontalmente, meno illuminata, vi è un’osteria con la porta socchiusa e due vetrate ai lati. Sopra la porta d’ingresso l'insegna recita: “Osteria del burchier” illuminata da lucerne rosse accese. Di fronte a questa sul campo tavoli con qualche boccale e panche. Al centro, una “vera da pozzo”.,
In fondo, tra il palazzotto e l’osteria vi è una via d’uscita con calle e sottoportico.Uscite in prima quinta laterali a sinistra e destra.
EVENTO: Un brusio di voci, risate, e canti si odono già prima dell’apertura del sipario. Alcuni giovani si rincorrono facendo scherzi ai passanti. Anche Ninetta, che impaurita, sta cercando Toni, nascosto da qualche parte, viene circondata da un gruppo di giovani che hanno intrapreso un battibecco con le donnine affacciate alle finestre. Toni fortunatamente si fa vivo presto con Bepi e Rosetta e così i quattro si riappacificano brindando all'osteria dove si inneggia al vino, quando appare un signore che si identifica come Segretario di un nobiluomo, ma che in realtà si tratta proprio del Marchese Alvise Zulian (basso). Questi era uscito dal portone della casa da gioco, maledicendo la Fortuna, perché in un momento di sconforto, essendo rimasto solo in famiglia, privo di parenti ed eredi e volendo dilapidare il suo patrimonio al gioco, aveva ulteriormente vinto una bella fortuna in denaro e case. Il Marchese viene invitato a pagare da bere, come consuetudine per i vincitori, e brindare assieme ai quattro amici, all' interno dell'osteria.
Nel frattempo, dallo stesso portone del casino da gioco esce, affranto, il Conte Piero (baritono), che ha invece perso tutto ciò che possedeva, compreso la dote ricevuta in anticipo per il matrimonio da finalizzare l'indomani mattina a casa della promessa sposa. Poiché il fortunato vincitore dei soldi, terre e palazzi, era proprio il marchese-finto-segretario che stava brindando nell’osteria, allo sfortunato Conte non resta che assoldare due sgherri El Todesco (tenore) e Lo Slavo (basso) con il fine di riappropriarsi con la forza del capitale perso al gioco. Questi due sicari si rivelano, in realtà, degli incapaci maldestri. Infatti, quando assaltano il marchese sono messi in fuga da due calcioni di Toni, il quale rinviene a terra, in un secondo tempo, anche alcuni documenti intestati al marchese Zulian. Sicuro che fossero caduti al sedicente segretario, si ripromette di riconsegnarli al proprietario il giorno seguente, visto che, tra l’altro, era già stato invitato in casa sua, con una promessa di un lavoro.
ATTO TERZO
SCENA: Interno di un cortile di un palazzo nobiliare che a mo' di chiostro, è contornato da un porticato perimetrale. Al centro, in fondo si intravede il Canal Grande, mente al di sopra, al primo piano una serie di finestre gotiche indicano una residenza ricca e nobiliare. L'accesso al piano nobile avviene tramite uno scalone sulla sinistra sotto al porticato. Al centro sinistra una vera da pozzo, mentre sul lato destro sono accatastate le attrezzature per la pesca: Remi, fiocine, reti, ceste...
EVENTO: Si sta allestendo il banchetto per il contratto matrimoniale. Alcuni servitori in livrea stanno imbandendo le tavole, si trasportano sedie, candelabri, mentre un quartetto d'archi sta provando delle musiche.
EVENTO: Si sta allestendo il banchetto per il contratto matrimoniale. Alcuni servitori in livrea stanno imbandendo le tavole, si trasportano sedie, candelabri, mentre un quartetto d'archi sta provando delle musiche.
Il Conte Piero sta redarguendo gli sgherri per la fallita rapina dei documenti attestanti la proprietà del palazzo perso al gioco e quindi, non più suo. Questo fatto farebbe inficiare l'imminente atto matrimoniale con Berenice e privarlo di rendite future da parte del suocero Edmondo, ricco commerciante. A questo punto, l'ignaro Toni che era stato invitato a quell'indirizzo da quello che credeva fosse solo un segretario, si presenta dal Conte furfante e credendolo il Marchese padrone, gli offre le carte rinvenute, perse dal suo presunto segretario. Il Conte Piero riconoscendo l'atto di proprietà della casa si precipita per afferrare le carte, ma Toni, esigendo la presenza del Segretario per effettuare la riconsegna, si divincola facendo scoppiare un tafferuglio. Casualmente, il Capitano Frittolon che passava da quelle parti, udendo le grida e le invocazioni del Conte interviene prontamente, e quando riconosce in Toni il pescatore già fuggitogli in Pescaria tenta di arrestarlo nuovamente.
Fortunatamente arriva, svelando la propria identità, il vero Marchese Alvise, che chiarisce tutto alla addolorata Berenice ed al padre Edmondo, i quali si pentono di aver voluto scalare in modo viscido la scala sociale. Lo spregiudicato e disonorato Conte, ormai smascherato, fugge con i due sgherri con la barca, mandando a monte il matrimonio, mentre i quattro ex pescatori vengono affiliati dal Marchese per la lealtà dimostrata. Il palazzo sul Canal Grande, vinto al gioco verrà diviso tra tutti, compresi Berenice ed Edmondo che desiderava tanto morire in quella sua vecchia casa. I soldi vinti al gioco, invece, costituiranno la dote per lo sposalizio di Ninetta con Toni.
PERSONAGGI
(In ordine d’entrata)
PRIMO ATTO
LUMIER
Basso, Banditore che annuncia l’ora e spegne i fanali pubblici
LUCIETTA
Contralto, Venditrice al banco del pesce di Ninetta
MARIETTA
Soprano, Seconda venditrice con Ninetta
NINETTA
Soprano, Proprietaria del banco del pesce, attualmente la più brava venditrice
TONI
Tenore, Pescatore proprietario della barca, il più veloce di Rialto, fidanzato di Ninetta
NANE
Tenore, Pescatore della barca di Toni
ANGELO
Baritono, Secondo pescatore con Toni
FLAVIO
Basso Terzo pescatore con Toni
ROSETTA
Contralto, Proprietaria del secondo banco del pesce, vecchia amica, ma ora, invidiosa di Ninetta
BEPI
Baritono, Pescatore, proprietario della II barca, marito di Rosetta ed amico di Toni. Una volta, era lui che arrivava per primo in Pescheria.
GIGIA
Soprano, Venditrice al banco di Rosetta
JOLE
Contralto Seconda venditrice con Rosetta
BRUNO
Tenore, Pescatore della barca di Bepi
MARIO
Basso, Secondo pescatore con Bepi
CAPITANO FRITTOLON
Basso, Capitano severo e ligio ufficiale delle guardie annonarie
SECONDO ATTO
ASTANTI
Coro Avventori e passanti
1^ Donnina
Soprano, Donnina procace affacciata alla finestra della casa da gioco invita i passanti a fare qualche puntata...
2^ Donnina
Contralto Seconda donnina alla finestra
1°Giovane
Tenore, Giovane squattrinato in cerca di divertimenti
2°Giovane
Tenore, Secondo giovane squattrinato
OSTE
Basso, Padrone dell’ “Osteria del Burchier” (grossa barca)
MARCHESE ALVISE ZULIAN
Basso, Nobile triste perché senza discendenti. Appare sotto le mentite spoglie di un cavaliere segretario, gioca e vince.
CONTE PIERO
Baritono, Squattrinato nobile, giocatore furfante che perde anche la dote della promessa sposa, la sera prima di convolare a nozze.
EL TODESCO
Tenore, Sgherro tedesco (poco affidabile) al servizio del Conte Piero
LO SLAVO
Basso, Sgherro slavo al servizio del Conte Piero
TERZO ATTO
BERENICE
Soprano, Promessa e mancata sposa del Conte Piero
EDMONDO
Basso, Ricco commerciante titolare di un Banco a Rialto, offre la mano della figlia Berenice in cambio di un titolo nobiliare.
ATTENZIONE: Nei tre atti, sono previsti tre balletti da inserire uno per atto.
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